Perchè Google non realizza un mirror di Wikileaks ?

Via John Batelles Consider: Your mission is to “organize the world’s information and make it universally accessible.” You thumbed your nose at Wall Street, and you proved them wrong. You’ve stood up to the entire media industry by purchasing YouTube and defending fair use in the face of extraordinary pressure. You’ve done the same with … Leggi tutto

Assange, il nemico della trasparenza

Marco Bardazzi propone un’analisi diversa del caso Wikileaks, possiamo non condividerla, ma la serietà professionale di Marco è tale da richiedere grande attenzione al pluralismo delle idee

Ci sono voluti decenni di campagne di stampa e battaglie giudiziarie e politiche, perché in democrazie avanzate come gli Usa si arrivasse a mettere a punto leggi sulla libertà di informare e sulla trasparenza che, pur con molti limiti, hanno permesso di veder fiorire un serio e aggressivo giornalismo d’inchiesta. L’arrivo di Assange e del suo Wikileaks rischiano di spazzare via tutto. Diciamolo: Assange potrebbe rivelarsi il più grande nemico della trasparenza dai tempi di Nixon.

L’effetto più immediato che avrà la pubblicazione in Rete della valanga di documenti del Dipartimento di Stato, sarà quello di spingere l’amministrazione Obama e i futuri governi di Washington a restringere in modo significativo e pericoloso l’accesso alle informazioni. Aumenterà il ricorso al “segreto”, anche indiscriminato. Verranno rafforzate le protezioni a tutte le linee di comunicazione. Sarà più difficile riuscire a mettere le mani su documenti ufficiali.

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Assange accusato di “omissione di preservativo”

Via Leggo, l’originale dal Guardian

Julian Assange non ha voluto usare il preservativo, durante i rapporti sessuali consumati, nell’agosto scorso, con due ammiratrici svedesi. Questa l’accusa che ha portato capo di Wikileaks davanti al magistrato londinese Caroline Tubbs. Assange avrebbe avuto dei rapporti consensuali con due donne, che l’accusano di non aver voluto usare il preservativo e, in un caso, di averlo rotto “deliberatamente”. Le due ammiratrici erano entrare in contatto con lui in occasione di un seminario su ‘Guerra e ruolo dei media’ organizzato a Stoccolma dal Brotherhood Movement, un controverso gruppo cristiano legato al partito socialdemocratico. Il Mail chiama le donne per convenzione ‘Sarah’ e ‘Jessica’: non sono i veri nomi, dal momento che il processo giudiziario è in corso. Sarah (il vero nome è Anna Ardin, come rivelano altre fonti), una bionda attraente sui trent’anni, è l’addetta stampa di Brotherhood Movement e ha viaggiato il mondo inseguendo una serie di cause alla moda. Sarah/Anna e Julian non si erano mai visti prima, ma lei lo aveva invitato a stare nel suo piccolo appartamento nel centro di Stoccolma. Assange era arrivato l’11 agosto e dopo cena i due erano finiti a letto.

Nè lui nè lei contestano il fatto che durante il rapporto si era rotto il ‘condom’, un evento che in seguito Sarah/Anna, una femminista radicale, ha definito «deliberato» da parte di Julian. Lì per lì però non ci fu animosità tra la svedese e il 39enne hacker australiano, che ha un figlio di 20 anni da una relazione giovanile fallita. Al punto che la funzionaria di partito continuò a ospitare Assange, organizzando perfino una festa in suo onore. A questo punto spunta ‘Jessica’: ventenne di Enkoping, una cittadina a 60 chilometri da Stoccolma. Vede Assange in televisione, in lei scocca la scintilla e si fa assumere tra i volontari che lavorano al seminario. In quella occasione conosce anche Sarah. Avvicinato dalla ragazza, Assange non resiste e le fa la corte.

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Noi stiamo con Assange, con la libertà e con ZetaVu, non con i codardi e con gli impostori

Via Vittorio Zambardino (il post viene citato integralmente perchè merita davvero) … grazie Vittorio …

L’arresto di Julian Assange è un banco di prova per i paesi coinvolti, che poi sono quelli dell’occidente democratico: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Svezia. Paesi che, con giusta ragione, vantano una storia che sta dalla parte dello stato di diritto. Almeno un po’ più che le varie Russia, Cina, Iran (e di certo più dell’Italia, almeno in prospettiva storica).

Eppure, fin dall’inizio di questa caccia all’uomo, c’è stato un silenzio complice di media, leader e partiti politici, intellettuali. Anche dei più libertari, anche di quelli con lo sciopero della fame sempre pronto. Una soddisfazione non detta, che non si fa dichiarazione. Tutti d’accordo che il pirata salga sulla “forca”. Tutti a tirare un sospiro di sollievo che si chiuda il rubinetto del “bullshit” e che si torni a un bel clima di indiscrezioni reciproche, veicolate dai siti di gossip comunemente riconosciuti e segretamente da tutti finanziati e
nelle mani delle macchine del fango riconosciute e di rito accettato (pensateci, Wikileaks, all’improvviso e per qualche giorno, ce ne ha liberato. Assange è il disintermediatore della macchina del fango. Se il segreto non è più tale, è il fango stesso che si secca alla luce benefica della trasparenza, dove esistono responsabili, non perseguitati e persecutori).

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I corrotti restituiscano ciò che hanno rubato

Via Narcomafie

Oltre un milione di firme contro la corruzione e per il bene comune. Un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano perché promuova l’adeguamento del nostro codice alle leggi internazionali anticorruzione. E perché venga finalmente data piena attuazione alla norma, già introdotta nella Finanziaria 2007, che prevede la confisca e il riutilizzo sociale dei beni dei corrotti. Questi i contenuti della campagna promossa da Libera e Avviso pubblico, presentata oggi in conferenza stampa a Roma.

Una raccolta di firme, per mettere freno a un fenomeno dilagante che ammala il nostro Paese: in Italia, la corruzione è sistema. Lo dice la Corte dei Conti, ne sono convinti gli italiani, lo provano i dati. È una tassa occulta che costa agli italiani circa 50/60 miliardi di euro l’anno, quasi mille euro a testa, dalla culla alla pensione. Un furto al bene comune con cifre da capogiro, basti pensare che il valore di tutti i beni sequestrati e confiscati alla mafia negli ultimi due anni e mezzo (18 miliardi) non sono sufficienti a coprire neppure un quinto di quanto è stato contemporaneamente sottratto ai cittadini come costo della corruzione.

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Wikileaks, il bavaglio mondiale

Barbara Spinelli  sul lFatto Quotidiano Io non so quale sia il reato di cui si sarebbe macchiato Julian Assange, e condivido i dubbi di molti che lo conoscono, sulle indagini riguardanti le sue peripezie sentimentali. Quello che so è che da giorni, e precisamente da quando sono cominciate le pubblicazioni di Wikileaks, mi si accampa … Leggi tutto

Dal passato al futuro, malanni della New Economy: la managerite

Questo documento è stato trovato stampato su carta in casa Pasteris, e poi digitailzzato attraverso uno scanner ed è ancora terribilmente attuale e ironico

L’abbiam detto più volte, nella New Economy tutti si sentono, si presentano, si atteggiano a manager. E’ venuto, allora, il momento di affrontare l’argomento.

Come accennato in precedenza basta guardare gli annunci economici per rendersi conto che nella NE c’è tutto un fiorire di manager di ogni specie. Chiunque venga assunto viene definito così: e a pensarci bene forse non è manco tanto sbagliato. Ridicolo, magari sì… ma sbagliato no. In fondo manager vuol dire “gestore”: e allora è corretto perfino che chi si occupa di svuotare i cestini sia “Trash Manager”. Infatti la scala gerarchica di una azienda tipo che lavora nel web (di cui ci accingiamo ad esaminare rorganigramma) parte proprio da lui, il Trash Manager: la sua importanza è fondamentale. Non avete idea della quantità di carta che si spreca in un mondo in cui la carta, in teoria, non servirebbe a molto. Ma, seppiatelo, per produrre un “documento” elettronico (vedi una pagina di Word) si sprecano almeno dieci pagine di carta. Quindi il Trash Manager ha molto da fare e buttare.

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Alla ricerca del Vendola torinese

Mentre Chiamparino promuove Torino nella City

Al numero 3, all’undicesimo piano, il sindaco Sergio Chiamparino, accompagnato dal direttore del settore Urbanistica e dai collaboratori di Finpiemonte, beve un caffè bollente e terribilmente lungo in una saletta elegante. In testa gli ronza ancora la vicenda Profumo. Era convinto che fosse l’uomo giusto per prendere il suo posto. Si è trovato in una palude. «Con me Profumo ha fatto come la monaca di Monza. Però al contrario. Non mi ha mai risposto. Non ho ancora capito perché. In tre mesi non ha trovato il tempo per un pranzo o una cena». Vorrebbe andare avanti, ma non è lì per quello. Ha tempi stretti. Un aereo per Parigi lo aspetta. Un signore gentile lo invita a sedersi e a cominciare la conferenza. Che faccia ha Torino quando arriva a Londra?

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Una mobilitazione nazionale dei giornalisti precari

Via Soltanto una precaria Parliamo di mobilitazione nazionale. In queste settimane ho sentito diversi discorsi sulla possibilità di organizzare questa protesta per migliorare la condizioni dei giornalisti precari. Mi sono sembrati discorsi vaghi, per la verità. Come se non si volesse agire veramente. Certo, posso sbagliarmi. So che il sindacato vuole proporre una settimana di … Leggi tutto